25 febbraio 2016 – ieri ndr – sarà ricordata come data in cui non si è parlato d’altro che di #petaloso e Facebook Reactions. Ecco, se del primo argomento ogni probiviro ha già espresso il suo parere, le faccine emozionali hanno catturato il mio interesse non tanto in termini di novità, quanto di “reaction” di un qualsiasi social media manager.
Mark, perché?
Sono abbastanza sicuro ci sia una motivazione sotto questa rivoluzione del trittico “Mi piace, Commenta, Condividi” e che non sia riconducibile solo al voler dare la possibilità a ogni utente di esprimere più stati d’animo. Probabilmente non sarà immediato, ma è facile prevedere che il cambiamento prenderà il sopravvento anche sull’impostazione delle campagne sponsorizzate su Facebook, e provo ora a immaginare se questa (non) notizia possa spaventare maggiormente un’agenzia di comunicazione che gestisce l’immagine di un brand o il brand stesso. Mi spiego.
Il like, o meglio il numero di like a un post o a una fanpage non è solo il termometro del gradimento di un contenuto o di una pagina. È l’unità di misura con la quale un buon social media manager capisce se il prezzo che sta pagando è giusto o sbagliato – vedi “costo per Mi piace sulla Pagina”.
Love, Haha, Wow, Sigh, Grrr
Mi metto nei panni di un’azienda che deve fare un investimento – che sarebbe poi anche il mestiere dell’agenzia – come dovrei interpretare queste “reactions”? Numericamente valgono quanto un mi piace ma un Sigh o un Grrr potrebbero avvicinarsi molto a quel “Non mi piace” che mai arriverà su Facebook, mi auguro. Ergo, se prima un utente poteva semplicemente ignorare un post sponsorizzato che non era di suo interesse, ora può manifestare la sua perplessità a scapito dell’investimento messo nella campagna dal brand. Mmm, questa è la mia reaction.
Come si può vedere nello screenshot del post pubblicato da Mark Zuckerberg sul suo profilo personale, abbiamo un chiaro conteggio di ogni voce, consultabile anche singolarmente, per comprendere attraverso un profondo lavoro di analisi a chi, di fatto, è piaciuto o meno il nostro post.
Per questo motivo mettere in piedi una campagna sponsorizzata su Facebook non può e non deve essere fatto da mani inesperte o nei ritagli di tempo di chi è impiegato in altre mansioni. Il ragionamento deve per forza essere ancora più approfondito, in attesa degli ulteriori (e inevitabili) aggiornamenti e anche delle vittime illustri che ogni giorno vanno ad aggiungersi ai social media epic fails.
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